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Page:Voltaire - Œuvres complètes Garnier tome36.djvu/436

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Firenze nè in Piza. Ella parla la nostra lingua colla più elegante finezza, ed io non posso senza gran fatica esprimermi in italiano. Sono infelicemente innamorato della vostra lingua e del vostro paese. Ilo cercato d’alleviare un poco il dolore che io risento di non aver mai viaggiato di là dell’ Alpi, scrivendo almeno un qualche Saggio[1] in italiano ; la prego di ricevere colla sua solita benignità questi fogli, e mi lusingo ancora che avrà la bontà di presentarne alcuni esemplari alle accademie fiorentine, dalle quali non spero già applauso, ma molto ambirei una favorevole indulgenza. Io godo l’onore d’essere suo compagno nell’ Instituto di Bologna, e nella Società di Londra ; ma se un nuovo grado d’onore, un nuovo vincolo potesse naturalizzarmi Italiano, simile consolazione sminuirebbe il mio eterno rammarico di non aver veduto l’antica patria e la culla delle scienze ; rimetto tutto alla sua cortesissima gentilezza.

Vi è un altro piccolo affare, sopra il quale supplico Vostra Signoria illustrissima di darmi il suo avviso, e di favorirmi delle sue istruzioni. Si tratta qui della scomunica fulminata da alcuni vescovi e curati contro i commedianti del re, che sono pagati e mantuneti da Sua Maestà, e che non rappresentano mai tragedia nè commedia se non approvata dai magistrati, e munita di tutti i contrassegni dell’ autorità pubblica. Si dice qui comunemente che questa contradizione tra il governo e la Chiesa non si trova in Roma, e che i virtuosi mantenuti a spese pubbliche non sono sottoposti a questa crudele infamia.

La supplico, colla più viva premura, di dirmi come si usa in Roma ed in Firenze con questi tali ; se siano scomunicati, o no ; e quali siano insieme le regole e la tolleranza. Mi farà un pregiatissimo favore, se si compiacerà di darmi sodi insegnamenti intorno a questa materia. La prego d’indirizzare la sua riposta al signor de La Reynière, fermier général des postes, à Paris.

La supplico di scusarmi se questa lettera sia scritta d’un ’altra mano, perchè sono gravemente ammalato. Ma dalla mia malattia non vengono indeboliti i sentimenti coi quali sarô sempre…

Voltaire.

P. S. Sa bene che il signor de Lamarea è morto[2].

    avoir consulté Cerati en 1742. À la fin de sa lettre il parle de la mort de Lamare, qu’on fixe ordinairement à 1746 ; mais M. Miorcec de Kerdanet, dans ses Notices sur les theologiens, etc., de la Bretagne, 1818, in-8o, dit formellement que Lamare est mort en 1742. (B.)

  1. Voyez une note sur la lettre 1773.
  2. Traduction : Votre très-illustre Seigneurie est venue dans ce pays, et y a