Un million d’énigmes, charades et logogriphes/Énigmes italiennes

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ENIMMI ITALIANI.
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1.

Gran cosa è questa, che io son sottoposta
Ad esser tempestata tutto il giorno ;
Chi và, chi vien, chi torna, o vuol risposta,
Di tutto (ohime) patisco oltragio o scorno ;
E benchè lingua in me non sia composta,
Pur nondimen mi fo sentir intorno,
E quei di casa, ad ogni poca scossa,
Corron per veder chi m’ ha percossa.


2.

Son bianca e bionda, e fra i capelli tengo
Il più ricco tesor ch’ al mondo sia,
E s’ una gamba sola mi trattengo
Con altre mie sorelle in compagnia ;
Ma ogn’ anno (ahi, sorte ria !) tagliata vengo
Battuta e pesta (o gran descortesia !)
E di quel che dal capo mi vien tratto
Tanto ne gode il savio quanto il matto.


3.

Del regno di Nettun son tratto fuori,
E in mille strane foggie travagliato,
Poscia (mercè d’Apollo) i caldi ardori.
In maschio son di femina cangiato ;
Senza me non puon rè nè imperatori
Mangiar boccon che fia di gusto grato,
Che dove manca la presenza mia
Cucina non si fa che buona sia.


4.

Vado vestita di vermiglia veste,
E pria di mio marito esco dal letto.
Il qual svegliato poi, in quelle e in queste
Parti mi cerca con geloso affetto,
Et io che a fuggir via le voglie ho deste,
M’allontano ogn’ hor dal suo conspetto,
E in via son sempre quando l’Alba punge.
Et ei mi segue, e mai non mi raggiungi.


5.

Cinque bocche tengo io,
E dentro il ventre mio,
A guisa d’orso useito della tana,
Tranguggio, intasco e mangio carne umana.


6.

Cinque bocche mi trovo, et in esse teng
Di carne umana cinque buon bocconi,
E con essi mi godo e mi trattengo,
Secondo che comporta le stagioni ;
Ho un fratello, e s’ io ’l perdo, in odio vengo
A tutti, e ognun mi getta ne i cantoni ;
Ma quando posto son nel grado mio,
Quel che l’ huom fa con man faccio ancor io.


7.

Non sò parlar, pur le sciagure dico
Degli altri, fò sentirmi in ogni lato,
E sempre è stalo mio costume antico
Di non saper tener nulla celato ;
Et a l’amico servo et al nemico,
E in bocca a un mio fratel ch’ è disdentato
Mi ficco, e mentre del suo onor mi tingo,
Fò nero il bianco e ’l mio pensier dipingo.


8.

Io nasco fra le selve,
Vistan fieri orsi e belve ;
Poi tratta alla cittade, in tempo poco,
Senza aver fatto error, son data ai fuoco.


9.

Ho spirito e non ho corpo, et ho possanza
Color c’han corpo e spirto far tremare,
E dentro ogni buco e in ogni stanza
Benchè gli usei sian chiusi posso entrare ;
I mio potere ogni potere avanza,
E sopra il tutto, il sà chi va per mare,
Che quando son irato il mondo imbruna,
L’aria, la terra, il cielo e la fortuna.


10.

Vedete in quante foggie mi tramuto :
Prima son maschio e vivo sotterrato ;
Di nuovo nasco e in femina mi muto,
Poi tagliato a traverso e bastonato,
Maschio ritorno, et quindi ancor premuto
E fatto in polve, in femina cangiato
Mi trovo, et annegato, e messo al foco,
Ritorno maschio, et cangio habito e loco.


11.

Per tutto dove andate,
Donne, voi mi portate
Con voi, e tanto meco unite siete,
Che s’un mi chiama e voi gli rispondete.


12.

Vedete corne scherza la natura
In far cose stupende e capriciose :
Io sono un animale quale non fura,
Nè faccio cose infami o scandalose ;
Fur iu una prigion’ orrenda e scura
Stanno le membra mie sempre nascose,
E mover un sol passo pur non posso,
Se meco la prigion non porto adesso.


13.

In mille strane forme mi trasmuto,
Hor son regina, hor faute, hor serva, hor paggio ;
Hor di straccie vestita, hor di veluto ;
Hor del mio parlo, hor de l’altrui linguaggio,
Hor scopro un’ ignorante, hor un’ astuto,
Hor un pazzo solenne, hor un’ huom saggio,
Cosi con tante sorti di chimere
Giovo a mi stessa et altrui porto piacere.


14.

Non mi trovo aver acqua.
Ne bevo altro che acqua,
E s’io avessi dell’ acqua al mio dominio,
Acqua mal non beverei, ma sempre vino.


15.

Qual’ è colei cosi bramata in terra,
E desiata da tutte le genti,
Et è pur partorita da la guerra,
Da le discorde, da gli abbattimenti ;
E fin che il mondo dura in rissa et in guerra,
E che regnan l’insidie e tradimenti,
Ella nascosta stà, ma quella estinta
Torna di palme a noi ornata e cinta.


16.

Fratel de la Virtù, de la Vittoria
Compagno, e d’ Honestà unico figlio,
Mio custode è la Fama, e da la Gloria
Nutrito, et assai più d’aquila ò smeriglio.
In alto volo, et in cronica, et in historia
Son posto, e quella casa è in gran periglio
Ove non sono e ove non pongo il piede,
Infamia e disonor sempre si vede.


17.

Sopra d’un alto monte,
Alberga un gentil conte,
Con cento mille cavalieri a canto,
Qual tutti, eccetto lui, han rosso il manto.


18.

Donne, fatemi honore, habbiate gli occhi,
E non mi disprezzate o haver a schivo,
Perche cosa non è che più vi tocchi
Di me, nè che vi prema più su’l vivo,
E ancorchè i fatti vostri spesso adocchi,
Per questo non gli noto, nè gli scrivo ;
Anzi son diligente oltra misura
Nel coprir i diffettidi natura.


19.

Io son al mondo tanto aventurato
Che quasi non vorrei esser nasciuto,
Poichè, misero me, son bastonato
In vite, e in morte ogn ’hor pesto e battuto ;
Pur tanta contentezza hò in similstato,
Che io fo tacer la cetra e il liuto,
E mentre ch’un mi batte e mi martella,
Col ferro aliri si foran le budella.


20.

Pria di mia madre nasco,
E ogni gran bocca pasco.
Ne si tosto son nato che io camino.
Ne mai più al padre mio torno vicio.


21.

Guardo con gli occhi tuoi, e nulla veggio,
E tu vedi ogni cosa con li miei,
E per te mi dò spasso e mi vagheggio,
E vado ove da me gir non potrei ;
E mentre tu vaneggi et lo vaneggio,
E incognito li rendo ovunque sei,
E tal pazzie sotto al mio aspetto fai
Che senza me non le faresti mai.


22.

Sospesa in aria stò, ne tocco nulla,
E circondata son da lumi intorno ;
Hor di nuovo mi vesto, hora son bruna,
E al caldo, al freddo, stò la notte e ’l giorno ;
Ognun di calpestrarmi si trastulla,
Sin’ a le bestie mi fan danno e scorno,
E tai tesori ascondo nel mio seno
Che chi le trova fò felice a pieno.


23.

Gran cosa è questa, che mai non ritrovo
ace nè quiete in questo miser stato ;

Hor vengo, hor mi diparto, hor mi rinovo,
Hor piaccio, hor dispiaccio, ahi mondo ingrato !
Sempre muto sembiante, e sempre novo
Habito porto et ordine variato,
E solcagion di tal rivolgimento
Son cervei pazzi e pien d’aria e vento.


24.

Tre volte otto sorelle al mondo siamo
Si veloci, si lievi e cosi snelle,
Che l’una dietro l’altra ne corriamo
Senz’ haver nè carretta, nè rotelle,
E sempre nostro padre seguitiamo,
Qual, benchè sia decrepito, a le stelle
Nel corso è uguale, e mai si mostra stanco,
E fa l’huomo venir canuto e bianco.


25.

Una donna real con grande impero.
Al mondo regna, il cui valor è tale,
Che qualunque di lei segue il sentiero,
Si fa divin, celeste ed immortale ;
Il mondo senza lei sarebbe un zero,
Anzi sola ella lanto al mondo vale,
Che chi disprezza e fugge il suo bel choro
Vien privo d’ogni ben, d’ogni tesoro.


26.

Di verde manto nobilmente adorna,
Và una donzella, che pasce le genti,
D’un cibo talche l’ uom vivo ritorna,
E fa dolci parer tutti i tormenti :
Questa non sol frà poveri soggiorna,
Ma ancora fra i più richi e più potenti,
E ne le corti tiensi in stima tale,
Ch’ ognun la segue e d’ altro non si cale.


27.

Sposa non sono, e son piena d’anelle,
Nè mai furai, e pur son appiccata,
E servo a maritale et a donzelle,
E mi scurto e mi slungo u’ son tirata ;
Ho in odio le caldare e le padelle.
Perchè da lor son spesso travagliata ;
Stò nel fuoco, nel fumo, e non m’adiro,
E mal sia quella casa ov’ io non tiro.

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ÉNIGMES ITALIENNES.
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1.

Écoutez bien : je suis condamnée à être tourmentée tout le jour ; qui va, qui vient, qui veut être entendu ne me laissent jamais en repos ; et quoique je n’aie ni bouche, ni langue, je sais pourtant me faire entendre, et tous les gens de la maison accourent, au moindre bruit que je fais, pour voir qui m’a frappée.


2.

Je suis blanc et blond, et dans ma chevelure je cache ce qu’il y a de plus précieux au monde ; je me tiens sur un seul pied au milieu de mes nombreux frères ; tous les ans on me coupe sans pitié, on me maltraite, on me bat, et ce qui sort ainsi de ma tête fait un égal plaisir aux fous et aux sages.


3.

Sorti de l’empire de Neptune et soumis à de nombreux travaux, de femelle que j’étais, grâce à la chaleur, je deviens un être mâle ; rois, empereurs, sans moi, ne sauraient rien manger avec plaisir, et partout où je manque, la cuisine ne saurait avoir le moindre attrait.


4.

Toujours vêtue d’une robe de pourpre, je quitte, avant mon époux, le lit conjugal, et lui, aussitôt qu’il s’éveille, me poursuit partout avec empressement ; mais moi qui ne sais que fuir, je m’éloigne toujours à mesure qu’il s’approche ; dès l’aube je suis en route, et mon époux qui me suit toujours ne parvient jamais à m’atteindre.


5.

J’ai cinq bouches, et comme un ours retiré dans sa tanière, j’engloutis dans mon ventre la chair humaine dont j’aime à faire ma nourriture.


6.

J’ai cinq bouches que je remplis constamment de chair humaine, et, selon les saisons, je la conserve avec plus ou moins de persévérance ; j’ai un frère, et si je le perds, on ne fait plus de moi le moindre cas et l’on me jette de côté ; mais quand je suis bien à ma place, je puis et sais faire tout ce que l’homme lui-même fait avec sa main.


7.

Je ne sais pas parler, et pourtant je puis raconter les malheurs d’autrui ; je me fais entendre partout, et mon habitude fut de tout temps de ne pouvoir garder aucun secret ; je sers aux amis comme aux ennemis ; je me confie à la gueule édentée d’un frère, et quand je lui ai fait un emprunt utile, du blanc je fais du noir et je publie ce que je pense.


8.

Je suis né dans les bois, au milieu des animaux sauvages ; puis on m’enlève, on me conduit à la ville, et là, quoique exempt de tout crime, on me condamne au feu.


9.

J’ai le souffle et n’ai point de corps, et j’ai le pouvoir de faire trembler ceux qui ont corps et souffle ; fermez bien vos portes, je n’en pénétrerai pas moins dans vos appartements, dans le moindre petit trou ; mon pouvoir est supérieur à tous les autres ; demandez-le à celui qui navigue sur les mers ; il vous dira que quand je suis en fureur, l’air, la terre, le ciel, la fortune, l’univers lui-même s’effrayent et se couvrent de deuil.


10.

Voyez en combien de façons je me transforme ; d’abord je suis mâle, et l’on m’enterre tout vif : plus tard, je renais et je suis femelle ; coupé, battu, je redeviens mâle ; battu de nouveau, broyé même complètement, réduit en poudre, je me retrouve femelle ; puis, on me noie, on me met au feu, et je redeviens mâle enfin, après avoir changé d’habit et de résidence.


11.

En quelque lieu que vous alliez, Mesdames, vous me portez avec vous, et nous sommes, vous et moi, si parfaitement unis, que si c’est moi qu’on appelle c’est qui vous répondez.


12.

Voyez comme la nature se plaît à faire des choses étranges et surprenantes. Je suis un animal qui n’a jamais volé, qui n’a jamais rien fait de scandaleux ou de criminel ; et pourtant je suis condamnée à passer toute ma vie dans une obscure et terrible prison, et je ne puis faire un pas sans porter avec moi le cachot qui me tient enfermée.


13.

Je sais prendre tour à tour des milliers de formes diverses : tantôt je suis reine, tantôt suivante ; tantôt fille, tantôt garçon ; tantôt couverte de haillons, tantôt vêtue de pourpre ; tantôt je parle ma langue, tantôt une langue étrangère ; tantôt je fais voir un imbécile, tantôt un rusé matois ; tantôt je suis un grand fou, tantôt un sage. Je trouve mon plaisir à tous ces travestissements, mais c’est aussi pour faire le plaisir des autres.


14.

N’ai-je plus d’eau ? je suis contraint de ne boire que de l’eau ; mais aussitôt que j’ai de l’eau à mon gré, je n’en bois plus, et je bois du vin.


15.

Quelle est cette divinité que toutes les nations, que tout l’univers désirent et adorent, et qui pourtant doit sa naissance à la guerre, aux troubles, aux discordes ; qui se cache tant que le monde est en guerre, tant que règnent la fraude et la trahison, et qui revient à nous couronnée de palmes, lorsque tous ces fléaux ont disparu ?


16.

Frère de la vertu, compagnon de la victoire, fils unique de la probité, j’ai pour gardien la renommée, pour nourrice la gloire ; j’ai le don de m’élever dans mon vol plus haut que l’aigle ; on me donne une belle place dans l’histoire, et toute maison où je ne suis pas touche à sa ruine. En un mot, partout où on ne me voit pas, on voit régner la honte et l’infamie.


19.

Sur cette colline, habite un grand seigneur, entouré de cent mille cavaliers à ses ordres, qui tous, excepté lui, portent un manteau couleur de pourpre.


18.

Respectez-moi, Mesdames, jetez les yeux sur moi et gardez-vous bien de me dédaigner ; car rien au monde ne vous touche de plus près que moi, ne vit avec vous dans une plus étroite union ; et quoique je sois témoin de toutes vos actions, je ne les écris ni ne les révèle jamais, je m’applique au contraire à cacher jusqu’à vos moindres imperfections.


19.

Je suis en vérité si malheureux en ce monde que je voudrais presque n’être jamais né ; car pendant ma vie, après ma mort, pauvre diable que je suis, on me bat, on me frappe à toute heure. Et pourtant, je trouve quelquefois tant de plaisir à cet état, que je fais taire la harpe et la lyre ; il arrive de plus, que quand on me bat, qu’on m’accable de coups, d’autres vont jusqu’à se détruire, à se percer les flancs.


20.

Je nais avant ma mère, et je sers d’aliment à une gueule immense ; à peine suis-je né, que je me mets en route, et je ne reviens jamais vers celui à qui je dois le jour.


21.

Je regarde à l’aide de vos yeux, et toutefois je ne vois rien, et vous, c’est avec mes yeux que vous voyez ; c’est par vous que je me donne du plaisir et du bon temps ; c’est par vous que je vais où sans vous je ne pourrais aller ; dans ces plaisirs que je partage avec vous et pendant lesquels, grâce à moi, vous restez inconnu à tous, vous faites, avec mon secours, des milliers de farces que vous n’oseriez faire sans moi.


22.

Je me tiens suspendue au milieu de l’air, je ne touche rien et de tous côtés je reçois la lumière ; tantôt richement vêtue, tantôt complètement dépouillée, je demeure nuit et jour exposée au froid, à la chaleur. Chacun se fait un plaisir de me fouler aux pieds ; les animaux eux-mêmes me traitent sans façon ; et pourtant je recèle en mon sein tant de trésors qu’ils peuvent faire le bonheur de celui qui sait les trouver.


23.

Admirez bien ceci ; dans mon triste destin, je ne puis trouver ni paix ni repos ; je pars, j’arrive, je

me renouvelle ; je plais, je déplais à un monde ingrat. Souvent je change d’allure, et je porte toujours un habit tout neuf et fréquemment renouvelé ; et dans toutes ces mille évolutions, je ne fais qu’obéir à des fats, à des maîtres légers et sans cervelle.


24.

Nous sommes, en ce monde, vingt-quatre sœurs si légères, si vives, si rapides, que nous courons toujours, les unes à la suite des autres , sans char ni coursier ; nous suivons toutes notre père, qui, malgré sa vieillesse, marche aussi rapidement que les étoiles, sans se montrer jamais las, et couvre la tête de l’homme de cheveux blancs.


25.

Il est au monde une reine puissante, d’une telle valeur, que quiconque suit la route qu’elle montre s’approche de la gloire céleste et de l’immortalité. Sans elle, le monde entier n’est rien, et seule, sa puissance est telle dans l’univers, que l’homme qui dédaigne son noble cortège ne saurait posséder aucun bien, aucun trésor digne d’être compté.


26.

Vêtue d’un riche manteau de couleur verte, celle belle dame offre à l’univers une nourriture qui rend l’homme à la vie et qui sait calmer toutes ses douleurs : ce n’est pas seulement chez les pauvres qu’elle a fixé sa demeure ; elle vit aussi auprès des grands, auprès des riches ; à la cour même elle est en si haute estime, que là, tous la révèrent, suivant et ne recherchant qu’elle.


27.

Je ne suis point mariée, et pourtant j’ai beaucoup d’anneaux ; je n’ai jamais volé, et pourtant je suis pendue ; je suis utile aux filles aussi bien qu’aux femmes ; je m’allonge et me raccourcis à volonté ; je déteste la poêle et les chaudrons, car souvent j’ai à me plaindre d’eux, je suis toujours dans le feu et je ne brûle pas : il faut plaindre la maison où je reste inoccupée.