PORTRAIT
La beauté que je chante ignore ses appas ;
Mortels qui la voyez, dites-lui qu’elle est belle,
- ↑ Cette pièce de vers a été composée en 1747, à Lunéville, pour amuser le roi Stanislas. Voyez les lettres à l’abbé de Guasco, du 30 mai 1747 , et à l’abbé Venuti, de l’année 1750.
Voici la traduction de l’abbé Venuti :
I vezzi suoi, la Dea, ch’io canto, ignora ;
Voi che siete con ella
Ditele pur ch’e bella ;
Ditele pur che ogn’ atto disinvolto,
Dolce, semplice e schietta,
Senz’arte o studio da natura ha tolto.
Tal gentil mammoletta
La fronte sopra i fior vergognosetta
Non alza, ma tra l’erbe si riposa
Senza far di se pompa o starsi ascosa ;
La senza gelosia
Finire i di potria,
Se il caso non appella
L’occhio ver lei di giovine o donzella.
MIREPOA ebbe dal cielo in sorte
Candor, doicezza e pace,
E fra tante sue doti altere e accorto,
Sol d’esse si compiace ;
Ne disdegno ardi mai colla sua face
Far onta al vago angelico sembiante,
Ma stassi rispettoso a lei d’avante.
Il suo spirto ha il calore
Del sol quando esce fuore ;
Del suo tenero cuore
Imeneo sol favella ;
Perde amor senza lei le sue quadrella.