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Correspondance de Nicolas Poussin/Observations sur la peinture

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Texte établi par Charles Jouanny, Jean Schemit (p. 486-497).
215. — Observations sur la Peinture[1].


(G.-P. Bellori, Vite de’ pittori, etc., Rome, 1672, p. 455.)

« Riportiamo in vltimo le misure, e proportioni della celebre statua d’Antinoo trascritte puramente dal suo originale, e con esse, alcune poche, ma degne osseruationi, e ricordi sopra la pittura al modo di Leonardo da Vinci, hauendo Nicolò hauuto in animo formarne vn trattato, come si disse, nella sua vecchiezza : conseruansi nella Bibliotheca dell’ Eminentissimo Sig. Card. Camillo Massimi, communicate ancora da lui al Sig. Pietro le Maire, che per lo merito della pittura, e per la lunga amistà gli era carissimo.

Osseruationi di Nicolò Pussino sopra la Pittura.
Dell’ essempio de’ buoni Maestri.

Quantunque dopò la dottrina, si aggiunghino gl’ insegnamenti, che riguardano la pratica, con tutto ciò fino a tanto che li precetti non si veggono autenticati, non lasciano nell’ animo quell’ habito dell’ ope- rare che deue essere l’effetto della scienza fattiva, anzi conducendo il giouine per vie lunghe, et gireuoli, di rado lo conducono al termine del viaggio, se la scorta efficace de gli esempij buoni non addita a gli studiosi più breui modi, e termini meno auuiluppati.

Diffinittione della Pittura, e della sua propria imitatione.

La pittura altro non è che l’imitatione dell’ attioni humane, le quali propriamente sono attioni imitabili ; l’altre non sono imitabili per se, ma per accidente, e non come parti principali, ma come accessorie, e in questa guisa si possono ancora imitare non solo l’attioni delle bestie, ma tutte le cose naturali.

Come l’arte auanzi la natura.

L’arte non è cosa diuersa dalla natura, ne può passare oltre i confini di essa ; conciosiache quel lume d’insegnamento, che per dono naturale è sparso in quà, e in là, e appare in diuersi huomini, in diuersi luoghi, e tempi, si compone insieme dall’ arte, il qual lume tutto, o in buona parte non si troua mai in vn huomo solo.

Come l’impossibilitá e perfettione della Pittura, e della Poesia.

Aristotele vuol mostrare coll’ esempio di Zeuzi, che è lecito al Poeta il dire cose impossibili pur che sieno megliori, com’ è impossibile per natura che vua Donna habbia in se tutte le bellezze raccolte, quali hebbe la figura di Helena, che era bellissima, e per conseguenza megliore del possibile. Vedi il Casteluetro.

De’ termeni del disegno, e del Colore.

La pittura sarà elegante quando gli vltimi termini con li primi per via delli mezzi, saranno congiunti in maniera che non concorrino troppo siaccamente, ò con asprezza di linee, e di colori, e qui si può parlare dell’ amicitia, e nimicitia de’ colori, e de’ loro termini.

Dell’ attione.

Due sono gli strumenti, con che si dispongono gli animi de gli vditori, l’attione, e la dittione, la prima per se stessa è tanto valeuole, e efficace che Demostene le diede il principato sopra gli artifici rettorici, Marco Tullio perciò la chiama fauella del corpo, Quintiliano tanto vigore, a forza le attribuisce, che reputa inutili li concetti, le proue, gli affetti senza di essa, e senza la quale inutili sono i lineamenti, é l colore.

Di alcune forme della maniera magnifica. Della Materia, del Concetto, della Struttura, e dello Stile.

La maniera magnifica in quattro cose consiste, nella materia, ouero argomento, nello concetto, nella struttura, nello stile. La prima cosa che come, fondamento di tutte l’altre si richiede, è che la materia, e il soggetto sia grande, come sarebbono la battaglie, le attioni heroiche, e le cose diuine ; ma essendo grande la materia, intorno a cui si va affaticando il Pittore, il primo auuertimento sia che dalle minutie a tutto suo potere si allontani, per non contrauenire al decoro dell’ historia, trascorrendo con frettoloso pennello le cose magnifiche, e grandi, per trascurarsi nelle vulgari, e leggiere. Onde al pittore si conuiene non solo hauer l’arte nel formare la materia, ma giuditio ancora nel conoscerla, e deue eleggerla tale che sia per natura capace di ogni ornamento e di perfettione, ma quelli che allegano argomenti vili, vi rifuggono per infermità dell’ ingegno loro. E adunque da sprezzarsi la viltà, e la bassezza de’ soggetti lontani da ogni artificio che vi possa essere vsato. Quanto al concetto, questo è mero parto della mente, che si va affaticando intorno le cose, quale fù il concetto di Homero e di Fidia nel Gioue Olimpio : che col cenno commuoua l’vuiuerso : tale sia però il disegno delle cose, quali si esprimono li concetti delle medesime cose. La struttura, o compositione delle parti sia non ricercata studiosamente, non sollecitata, non faticosa, ma simigliante al naturale. Le stile è vua maniera particolare, e industria di dipingere, e disegnare nata dal particolare genio di ciascuno nell’ applicatione, e nell’ vso dell’ idee, il quale stile, maniera, o gusto si tiene dalla parte della natura, e dell’ ingegno.

Della Idea della bellezza.

L’idea della Bellezza non discende nella materia che non sia preparata il più che sia possibile ; questa preparatione consiste in trè cose, nell’ ordine, nel modo, e nella specie o vero forma. L’ordine significa l’interuallo delle parti, il modo hà rispetto alla quantità, la forma consiste nelle linee, e ne’ colori. Non basta l’ordine, et l’interuallo delle parti, e che tutti li membri del corpo habbiano il loro sito naturale, se non si aggiunge il modo, che dia a ciascun membrola debita grandezza proportionata al corpo, et se non vi concorre la specie, accioche le linee sieno fatte con gratia, e con soaue concordia di lumi vicino all’ ombre. E da tutte queste cose si vede manifestamente che la bellezza è in tutto lontana dalla materia del corpo, la quale ad esso mai s’auuicina se non sarà disposta con queste preparationi incorporee. Et qui si conclude che la Pittura altro non è che vna idea delle cose incorporee, quantunque dimostri li corpi, rappresentando solo l’ordine, e l’ modo delle specie delle cose, e la medesima è più intenta all’ idea del bello che a tutte l’altre : onde alcuni hanno voluto che questa sola fosse il segno, e quasi la meta di tutti i buoni Pittori, e la pittura vagheggiatrice della bellezza e Regina dell’ arte.

Della Nouità.

La nouità nella Pittura non consiste principalmente nel soggetto non più veduto, ma nella buona, e nuova dispositione e espressione, e cosi il soggetto dall’ essere commune, e vecchio diuiene singolare, e nuouo. Qui conuiene il dire della Communione di San Girolamo del Domenichino, nella quale diuersi sono gli affetti, e li moti dall’ altra inuentione di Agostino Carracci.

Come si deue supplire al mancamento del soggetto.

Se il pittore vuole suegliare ne gli animi la marauiglia anche non hauendo per le mani soggetto habile a partorirla, non introdurà cose nuoue strane, e fuori di ragione, ma constumi l’ingegno in rendere marauigliosa la sua opera per l’eccelenza della maniera, onde si possa dire.

Materiam superabat opus.

Della forma delle cose.

La forma di ciascuna cosa si distingue per la propria operatione, o fine ; alcune operano il riso, il terrore, e queste sono le loro forme.

Delle lusinghe del colore.

Li colori nella pittura sono quasi lusinghe per persuadere gli occhi, come la venusta de’ versi nella Poesia.


Traduction.

Rapportons en dernier lieu les mesures et proportions de la célèbre statue d’Antinoüs, transcrites exactement d’après l’original, et avec elles, quelques observations (de peu d’étendue mais importantes) et quelques souvenirs sur la peinture, à la manière de Léonard de Vinci ; on dit que Nicolas avait l’intention d’en former un traité dans sa vieillesse[2] : elles sont conservées dans la Bibliothèque de l’Eminentme Seig. le Cardinal Camille Massimi, et elles avaient été com- muniquées par le Poussin au Seig. Pierre Le Maire, qui lui était très cher pour le mérite de la peinture et pour leur longue amitié[3].

Observations de Nicolas Poussin sur la Peinture[4].
De l’exemple des bons Maîtres.

Bien qu’à la théorie s’ajoutent les enseignements qui regardent la pratique, tant cependant qu’on ne vérifie pas les préceptes, ils ne laissent pas dans l’âme cette habitude de travailler qui doit être l’effet de la connaissance pratique ; conduisant le jeune homme par voies longues et par détours, ils le mènent rarement au terme du voyage, si l’escorte efficace des bons exemples n’apporte un mode plus court de faire et un but plus précis.

Définition de la Peinture, et de l’imitation qui lui est propre.

La peinture n’est autre que l’imitation des actions humaines qui sont, à proprement parler, des actions imitables ; les autres ne sont pas imitables par elles-mêmes, mais par accident, non comme parties principales, mais comme des accessoires ; de cette façon l’on peut encore imiter, non seulement les actions des bêtes, mais toutes les choses naturelles.

Comment l’art surpasse la nature.

L’art n’est pas une chose différente de la nature, ni il ne peut en dépasser les confins ; la lumière de la doctrine, par don de nature, est éparse çà et là, et apparaît dans des hommes, des lieux et des temps différents ; ainsi en va-t -il de l’art, dont une bonne part, mais non la totalité, peut se trouver dans un seul homme[5].

Comment l’impossibilité est la perfection de la Peinture et de la Poésie.

Aristote veut montrer par l’exemple de Zeuxis qu’il est licite au Poète de dire des choses impossibles, pourvu qu’elles soient meilleures que le possible, comme il est impossible dans la nature qu’une Dame ait en elle toutes les beautés qu’avait la figure d’Hélène, qui fut la plus belle, et par conséquent plus qu’il n’était possible. Voyez le Castelvetro[6].

Des limites du dessin et de la couleur.

La peinture sera élégante quand ses termes extrêmes seront unis aux premiers par l’intermédiaire des termes moyens, de sorte qu’ils ne concourront ni trop faiblement, ni avec âpreté de lignes ou de couleurs ; ainsi l’on peut parler de l’amitié et de l’inimitié des couleurs, et de leurs limites.

De l’action.

Il y a deux instruments qui maîtrisent les âmes des auditeurs : l’action et la diction. La première, en elle-même, est si entraînante et si efficace que Démosthène lui donnait la primauté sur les artifices de la rhétorique, Marcus Tullius l’appelle le langage[7] du corps, et Quintilien lui attribue tant de vigueur et de force que sans elle, il tient pour inutiles les pensées, les preuves, les expressions ; et sans elle, les lignes et la couleur sont inutiles.

De quelques formes de la manière magnifique.
De la Matière,
de la Pensée, de la Structure et du Style.

La manière magnifique consiste en quatre choses : dans la matière, dans la pensée, dans la structure et dans le style. La première chose, requise comme fondement de toutes les autres, c’est que la matière et le sujet soient grands, comme seraient les batailles, les actions héroïques[8], et les choses divines. Mais la matière sur laquelle le Peintre fait effort étant grande, son premier soin doit être de s’éloigner de tout son pouvoir des minuties, pour ne pas contrevenir au décor de l’histoire, parcourant d’un pinceau rapide les choses grandes et magnifiques, pour négliger les détails vulgaires et de peu de poids[9]. D’où il convient que le peintre ait non seulement l’art de découvrir la matière, mais encore le bon sens de la connaître, et qu’il la doive choisir capable par nature de tout ornement et de la perfection[10] ; mais ceux qui choisissent des sujets bas, s’y réfugient par l’infirmité de leur esprit et devraient mépriser la vilenie et la bassesse des sujets pour lesquels toutes les ressources de l’art sont inutiles. Quant à la pensée[11], c’est une faculté de l’esprit, qui se va fatiguant à l’entour des choses : telle fut la pensée d’Homère et de Phidias dans le Jupiter Olympien, qui d’un signe ébranle l’univers. Que le dessin soit tel que les choses dont il exprime la pensée. Que la structure ou composition ne soit point recherchée avec peine, ni sollicitée, ni fatiguée, ni pénible, mais semblable au naturel. Le style est une manière personnelle, une habileté à peindre et à dessiner née du génie particulier de chacun ; dans l’application et dans l’emploi de l’idée, le style, la manière ou le goût tiennent de la nature et du tempérament.

De l’Idée de Beauté.

L’idée de Beauté ne descend dans la matière que si elle y est préparée le plus possible. Cette préparation consiste en trois choses : dans l’ordre, dans le mode, et dans l’espèce ou vraie forme. L’ordre signifie l’intervalle des parties, le mode a trait à la quantité, la forme consiste dans les lignes et dans les couleurs. L’ordre et l’intervalle des parties ne suffisent pas, ni que tous les membres du corps aient leur place naturelle, s’il ne s’y joint le mode, qui donne à chaque membre la grandeur qui lui est due, proportionnée au corps, et si l’espèce n’y concourt pas, en sorte que les lignes soient faites avec grâce, et dans un doux accord de la lumière voisine de l’ombre. Et de tout cela, il est manifeste que la beauté est en tout éloignée de la matière du corps, dont elle ne s’approche que si elle y est disposée par des préparations incorporelles. Et l’on conclut ainsi que la Peinture n’est autre qu’une idée des choses incorporelles, et que si elle montre les corps, elle n’en représente seulement que l’ordre, et le mode de l’espèce des choses ; qu’elle est plus attentive à l’idée du beau qu’à toute autre : d’où certains ont voulu qu’elle seule fut le signe et presque la marque de tous les bons Peintres, et que la peinture fut l’amante de la Beauté et la reine de l’Art.

De la Nouveauté.

La nouveauté dans la Peinture ne consiste pas surtout dans un sujet non encore vu, mais dans la bonne et nouvelle disposition et expression, et de commun et vieux le sujet devient original et neuf[12]. C’est ce qu’il faut dire de la Communion de Saint Jérome du Dominiquin, en laquelle les expressions et les mouvements sont également différents de l’autre invention d’Annibal Carrache[13].

Comment on doit suppléer au manquement du sujet.

Si le peintre veut éveiller dans les âmes l’émerveillement, encore qu’il n’ait en mains un sujet propre à le faire naître, qu’il n’y introduise point de choses nouvelles, et étranges, et hors de raison[14], mais qu’il contraigne son esprit à rendre son œuvre merveilleuse par l’excellence de la manière, que l’on puisse dire : Le travail surpasse le sujet.

De la forme des choses.

La forme de chaque chose se distingue par sa propre opération ou fin ; certaines provoquent le rire, la terreur, et telles sont leurs formes.

Des Séductions de la Peinture.

Les couleurs dans la peinture sont comme des leurres qui persuadent les yeux, comme la beauté des vers dans la poesie[15].

  1. Voir l’étude de Ph. de Chennevières sur ces Observations dans Les peintres provinciaux, t. III, p. 185 à 193. «  … ces observations doivent, à mon sens, faire partie de toute édition des lettres du Poussin. »
  2. Voir la lettre du 29 août 1650, 419.
  3. Aussitôt après ce paragraphe suivent les mesures de l’Antinoüs, attribuées à Poussin, avec deux planches représentant la statue de face et de profil. — On les trouvera traduites dans : G.-P. Bellori, Mesures de la célèbre statue de l’Antinous, suivies de quelques observations sur la peinture, trad. de l’italien par M. P. Gault de Saint-Germain. Paris, 1803, in-8o Bibl. nat., V. 49918. — Voir, dans les Archives de l’Art français, t. I, p. 193, l’étude de Ph. de Chennevières, sur la mode, au XVIIIe siècle, de mesurer les statues. — Bellori prétendait qu’il avait calculé ces proportions de l’Antinoüs avec François Duquesnoy ; Jean Dughet affirma, par contre, dans un mémoire à Félibien, que son collaborateur avait été l’Algarde, « ajoustant que les proportions que l’on en a données dans l’estampe qui est à la fin de la vie du Poussin [par Bellori] sont fausses, et du dessin du sieur Errard ». — Ces Observations ont été également traduites par M. G. Rémond, p. 53.
  4. Félibien disait avec raison que « les Mémoires que le Poussin avait laissés étaient plutôt des études et des remarques qu’il faisait pour son usage que des productions qu’il eût dessein de donner au public ». C’est pourquoi il avait eu la discrétion de ne pas les prendre chez Bellori, se rappelant sans doute que Poussin professait « de ne donner jamais le lieu de franchise aux choses de sa profession qu’il connaissait estre mal faites et mal dites » (lettre à Abraham Bosse, 1650 ; voir plus haut, p. 421).
  5. Voir p. 434 : « Tout n’est pas donné à un homme seul » ; p. 133 et p. 266, lignes 11 à 14.
  6. Castelvetro, littérateur italien, 1505-1551.
  7. Voir le commentaire de la Manne, p. 5.
  8. Camille chef les Falisques est un sujet « héroïque », p. 4 ; quant à la Conversion de saint Paul, « le subiec est trèsbeau », p. 402.
  9. Voir les plaintes sur les « bagatelles », p. 131.
  10. Voir p. 463, lignes 8 et 11.
  11. Voir p. 376
  12. Poussin n’aime pas copier ses œuvres (p. 115). Sur l’originalité de la seconde série des Sacrements, voir p. 268, lignes 19 à 21.
  13. La première est actuellement à la Pinacothèque du Vatican (IIe salle) et la seconde à la Pinacothèque de Bologne, salle B, no 34.
  14. Voir p. 449, lignes 4 à 12 (sur la Vierge en Égypte).
  15. Nous ne pouvons mieux placer qu’après cette dernière traduction italienne les remerciements les plus vifs que nous devons à M. L. Hautecœur, professeur à l’Institut français de Saint-Pétersbourg ; pour la traduction des textes italiens, il a bien voulu, avec une parfaite obligeance, nous aider de multiples indications.