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Venen, eh’ egual nonfece unquà larecL Maga Circe, o Medea. Maallorch’ è spinto amorte Da suoi destrieri inubbidenti al morso Il casto figlio e foite Del buon Teseo , strascina ilfier rimorso Dentro la tomba oscura L’indegnafiglia di Minosse impura. Cessate pure d’insultar, superbi, Ilmerto , che in altrui voi discovrite : Pensate, che Tersite Voi immitando v abbassate a lui.

Perchè votar di vostra vita il corso Ai rei martiri acerbi, Con cui V invidia rode il cor, che i sui Rabbiosi serpi han morso ? Miseri voi, che in si crudei tormenti" Traete i di dolenti ! Cangiate, ornai cangiate Lingua e costume ; e quella > che v’ offende Virtute , in altri amate. E del saggio, che al guardo altrui risplende f Deh siate ornai gli amici, E del suo merto emulabor felici. •