Page:Stendhal - Rome, Naples et Florence, II, 1927, éd. Martineau.djvu/96

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............Io quando il monumento
Vidi ove posa il corpo di quel grande
Che temprando lo scettro a’ regnatori
Gli allôr ne sfronda, ed alle genti svela
Di che lagrime grondi e di che sangue :
E l’ arca di colui che nuovo Olimpo
Alzò in Roma a’ Celesti ; e di chi vide
Sotto l’etereo padiglion rotarsi
Più mondi, e il Sole irradiarli immoto,
Onde all’ Anglo che tanta ala vi stese
Sgombrò primo le vie del firmamento ;
Te beata, gridai, per le felici
Aure pregne di vita, e pe’ lavacri
Che da’ suoi gioghi a te versa Apennino
Lieta doll’ aer tuo veste la Luna
Di luce limpidissima i tuoi colli
Per vendemmia festanti ; e le convalli
Popolate di case e d’ oliveti
Mille di fiori al ciel mandano incensi :
E tu prima, Firenze, udivi il carme
Che allegrô l’ ira al Ghibellin fuggiasco,
E tu i cari parenti e l’ idioma
Desti a quel dolce di Calliope labbro
Che Amore in Grecia nudo e nudo in Roma
D’ un velo candidissimo adornando,
Rendea nel grembo a Venere Celeste :
Ma più beata chè in un tempio accolte
Serbi l’ Itale glorie, uniche forse.
Da che le mal vietate Alpi e l’ alterna
Omnipotenza delle umane sorti
Armi e sostanze t’invadeano ed are
Et patria e, tranne la memoria, tutto.
..............................
............E a questi marmi
Venne spesso Vittorio ad ispirarsi.
Irato a’ patrii Numi, errava muto
Ove Arno è più deserto, i campi e il ciclo
Desioso mirando ; e poi che nullo
Vivente aspetto gli molcea la cura,
Qui posava l’ austero, e avea sul volto